La Chiesa Cattolica Romana Antica (C.C.R.A.) è una parte legittima della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica di Cristo, avendo dimostrato la successione ininterrotta degli Ordini e insegnato la piena fede della Chiesa indivisa. Essa aderisce alle forme e alle formule stabilite dai primi Padri della Chiesa al fine di preservare per le generazioni successive il deposito della fede dato dal Signore ai Suoi apostoli e questi alle generazioni future.
Spesso si osserva che il Clero della Chiesa cattolica romana antica pone un accento esagerato sulla validità dei nostri ordini; il motivo è che Il clero cattolico romano antico è costretto, dalla natura stessa delle cose, a presentare le proprie credenziali ad ogni piè sospinto. Siamo pochi numericamente e relativamente sconosciuti al grande pubblico, istruiti o meno, e i rari riferimenti a noi nelle pubblicazioni religiose a volte non ci danno l’importanza dovuta e ci marchiano come non riconosciuti : ma da chi poi ? Non c’è da meravigliarsi che la nostra prima preoccupazione sia quella di stabilire la nostra identità. Forse non c’è nessun corpo clericale al mondo così esperto nei fatti storici pertinenti alla loro successione apostolica come lo è il clero della Chiesa cattolica romana antica.
Non possiamo negare che ci sono stati lestofanti tra gli uomini che hanno ricevuto e tramandato ordini cattolici antichi. Uomini che non hanno altro scopo religioso che ingannare gli ignoranti e gli incauti, il cui unico scopo nella vita è quello di trarre profitto temporaneamente dai privilegi, dagli onori e dalla vita agiata così facilmente raggiunti da coloro che “indossano la tonaca”. Ma non possiamo rimanere in silenzio se per questo viene fatta un’accusa generale. La maggior parte dei vescovi e dei sacerdoti antico-cattolici sono uomini che dedicano la loro vita alla crescita di un ideale in un campo particolarmente difficile. Collegare la santità di vita con la validità degli ordini significa colpire il fondamento stesso della struttura cattolica di qualsiasi Chiesa.
La catena della successione apostolica è stata trascinata molte volte nel fango dell’ambizione mondana in passato. Che tale possa essere stata l’infelice esperienza di alcune sezioni della Chiesa antica-cattolica romana in tempi relativamente recenti non pregiudica la solidarietà spirituale di ogni legame. La nostra Chiesa sta facendo ogni sforzo per restituirle la bellezza splendente che avrebbe sempre dovuto possedere e lo fa nella piena accettazione dei fatti, nell’umiltà e nella verità.
Quindi, come non cerchiamo di smascherare alcuni dei personaggi che ci collegano con il passato, non cerchiamo nemmeno di spiegare o nascondere i mali che hanno disonorato la Chiesa di Roma e le Chiese orientali. Questi mali avevano come punizione l’esplosiva frammentazione dell’Europa cristiana con la Riforma. Noi sosteniamo solo che, nonostante queste debolezze e questi crimini, le Chiese romane e orientali devono essere considerate storicamente, e fino alla Riforma, gli unici messaggeri legittimi del Vangelo. Per quanto ci riguarda, la storia dei primi diciotto secoli della Chiesa romana è la storia della nostra Chiesa. La gloria spirituale della Chiesa Cattolica Romana della storia è una gloria che abbiamo ereditato; i suoi santi sono i nostri santi.
Le Chiese cattoliche e insieme a quelle orientali erano, fino alla Riforma, gli unici organismi religiosi che pretendevano di essere “cattolici” in virtù della successione apostolica. Essi sostenevano di appartenere alla Vera Chiesa di Cristo perché il loro clero deteneva una successione ininterrotta di ordini attraverso i secoli sino agli Apostoli e da Essi a Cristo. La Chiesa antica-cattolica romana fonda il proprio diritto su questa eccelsa appartenenza, sul fatto storico della catena apostolica di successione che la unisce, attraverso la Chiesa cattolica romana del passato, al Divin Salvatore. [Cfr. appendice II]
Molte persone e gruppi, ecclesiastici e laici, santi e fanatici, uomini prudenti e entusiasti, hanno tentato in ogni secolo di riformare la Chiesa cattolica romana. Alcuni lo hanno fatto rimanendo all’interno del limite, altri dichiarando la loro indipendenza e lavorando dall’esterno. Confronta p.e. un San Francesco d’Assisi e un Martin Lutero.
Non c’è dubbio che in una Chiesa fondata da Cristo, nessun individuo può porsi al di sopra dei rappresentanti incaricati del suo Fondatore e stabilire la legge. “Obbedite a quelli che governano su di voi e sottomettetevi”, dice san Paolo [Eb 13,17]. San Francesco se ne rese conto. Qualunque agonia mentale egli provasse alla contemplazione dell’atmosfera mondana della Chiesa del suo tempo, alla corruzione di molti uomini di Chiesa, all’abuso di molte pratiche religiose, egli seppe ancora praticare e consigliare un profondo rispetto per gli uomini che dispensavano i Sacramenti e “nelle cui mani il Salvatore del mondo scende sui nostri altari”….. Tralasciando la genesi che è alla base della nostra Chiesa – che tratteremo in un articolo a parte – accenniamo brevemente agli obiettivi che Essa si è posti:
1] riforma teologica;
2] riforma ecclesiastica;
3] unione delle Chiese cristiane.
1° Riforma teologica
Questa riforma non è stata intrapresa arbitrariamente; né è condotta da ciascun teologo secondo le sue opinioni personali su ciascuna delle questioni controverse. Un metodo rigoroso governa tutte le loro azioni, un metodo, che si traduce soprattutto nel distinguere il dogma dalla teologia. Il dogma, che è la parola di Cristo come è registrata nei Vangeli, dalla teologia, che è la spiegazione data dagli apostoli e dagli studiosi per garantire l’accettazione e la pratica dei precetti di Gesù Cristo.
Cristo, essendo “la Via, la Verità e la Vita”, è l’unico Maestro; Egli stesso lo ha dichiarato ai suoi discepoli. È dunque Lui solo che, come unico Mediatore e Salvatore, possiede le parole della vita eterna, è Lui solo la Luce del mondo; è Lui solo che ha il diritto di imporre le Sue dottrine, decreti e dogmi ai Suoi discepoli.
D’altra parte, ogni discepolo ha il diritto e persino il dovere di cercare di comprendere i dogmi di Cristo, di vederne la profondità e la bellezza, e di trarne profitto per la santificazione della sua anima. Il dogma è la verità divina insegnata da Cristo; la teologia è la spiegazione data dall’uomo – una spiegazione più o meno luminosa, che ciascuno può giudicare alla luce della ragione, della coscienza e della conoscenza: «Mettete alla prova ogni cosa, tenete saldo ciò che è buono» [1 Ts 5, 21].
Questa distinzione tra dogma e teologia è fatta dall’applicazione del test cattolico a ogni punto controverso. La prova è quella così ben sintetizzata da san Vincenzo di Lerins: “Ciò che è stato creduto ovunque, sempre e da tutte le Chiese cristiane quello è cattolico” [Commonitory, ii.. 6]. La fede cattolica è la fede universale, immutabile e unanime, perché, anche umanamente parlando, tutte le Chiese cristiane non possono sbagliare quando attestano, come fatto, di aver sempre creduto o non creduto, fin dal loro fondamento, nella dottrina che gli apostoli-fondatori della loro Chiesa particolare hanno insegnato loro o no.
Non si tratta di risolvere una discussione importante, ma di fare una semplice constatazione di fatto. Quanto alle spiegazioni teologiche che possono essere date della dottrina stabilita, esse dipendono, come tutte le spiegazioni di questo mondo, dalla ragione, dalla scienza, dalla storia e dalla conoscenza che l’umanità ha a sua disposizione.
Così fede e libertà si riconciliano. La fede che non dipende da alcun capriccio o da alcuna scuola, ma unicamente dalla testimonianza storica e oggettiva delle Chiese; è la libertà di critica o di ragione, che coscienziosamente parlando, appartiene alle verità religiose trasmesse a tutte le Chiese, al meglio degli interessi religiosi di ciascuna Chiesa. Così la fede è depositaria. Un deposito di tutti i precetti affidati da Gesù Cristo ai suoi discepoli, un deposito che non appartiene esclusivamente a una persona, ma a tutti, alla cui conservazione tutte le Chiese fedeli curano con cura, in modo che nulla di esso possa essere soppresso, e anche che nessuna dottrina estranea possa essere introdotta surrettiziamente in essa [depositum custodi]. E la teologia è una scienza che, come altre scienze, appartiene alla ragione, alla storia, alla critica, e che obbedisce anche a regole fisse.
Non è quindi né un vescovo né un sacerdote né uno studioso a cui è affidata la conservazione del dogma, ma tutti i vescovi, tutti i sacerdoti, tutti gli studiosi – in una parola, tutti i membri fedeli della Chiesa. Essendo Cristo l’unico Maestro della Sua Chiesa, non c’è altra regola che la Sua; è sufficiente custodire la Sua dottrina e i Suoi precetti. La Chiesa non è stata istituita per fondare una religione diversa da quella di Cristo, ma semplicemente per preservarla e diffonderla in tutto il mondo [“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni”]. La Chiesa è quindi custode degli insegnamenti e dei precetti di Gesù Cristo; il suo titolo, la “Chiesa docente”, non significa che ha il diritto di insegnare qualsiasi dottrina che gli piace, ma che è suo dovere predicare apertamente ciò che Cristo ha insegnato ai Suoi discepoli in segreto.
La vera riforma teologica dovrebbe consistere nel comunicare a tutti gli uomini gli insegnamenti di Gesù Cristo, così come sono raccolti nelle Scritture e registrati nella tradizione universale della Chiesa – una tradizione che appartiene anche a tutti i membri della Chiesa. È dovere dei pastori e degli studiosi spiegarle, ed è dovere di ogni membro studiare la spiegazione, che appare loro più saggia e utilissima. Il buon senso e lo spirito cristiano che prevalgono nella Chiesa sono sufficienti a garantire il trionfo finale della verità sull’errore; “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.
Poiché la Chiesa non è una cattedra alla quale possono essere rivolte tutte le questioni che sorgono nella mente dei curiosi e dei fantasiosi, essa non è obbligata a risolverle o a impedire agli uomini di discutere tra loro questioni che né Dio né Cristo hanno ritenuto opportuno chiarire. È compito degli studiosi chiarire i misteri della scienza; gli apostoli devono semplicemente predicare le verità, che Cristo ha ritenuto sufficienti per l’edificazione e la santificazione dell’umanità.
La fecondità della fede non consiste nello scoprire nuovi dogmi o nel trasformare la Chiesa in rivelatrice, incaricata di completare la rivelazione fatta da Cristo. La fede è feconda, aumenta, cresce per la vicinanza della sua adesione alla parola di Cristo, e non per la proclamazione di dogmi sconosciuti. Solo Cristo è la luce religiosa e la vita religiosa del mondo – la Chiesa deve essere solo il suo umile servitore.
2° Riforma ecclesiastica
Questa riforma dovrebbe consistere nel ricordare alla Chiesa ciò che Cristo ha voluto che fosse. Cristo ha stabilito una gerarchia per il servizio dei fedeli. Quella gerarchia, quindi, dovrebbe servire, e non governare. I suoi uffici sono un ministero e non un’autorità. Non c’è un imperium nella Chiesa di Cristo; “né spadroneggiare sulla carica che ti è stata assegnata”; l’obbedienza dei discepoli deve essere ragionevole e non servile.
Se un membro voleva essere il primo, doveva essere il primo a servire i suoi fratelli, e non dare loro ordini – per nutrire il gregge, cioè per condurlo in buoni pascoli, e non renderlo schiavo di falsi dogmi o sfruttarlo con superstizioni. I compiti principali dei pastori sono di risvegliare la coscienza dei fedeli, di illuminarla, di agire come se ciascuno di loro fosse un altro Cristo. Cristo prese una posizione ferma contro i farisei del Suo tempo, ma non incaricò nessuno dei Suoi discepoli di rimproverare i suoi fratelli, né tanto meno di scomunicarli o maledirli.
La missione della Chiesa è anche essenzialmente religiosa e spirituale. Cristo non le diede alcuna autorità mondana e temporale; Egli scelse apostoli e discepoli solo per imporre loro i doveri più severi, e così per farne degli esempi per il gregge. I primi vescovi o sovrintendenti erano solo i sorveglianti, e non i maestri: “perché uno solo è il tuo Maestro” [Matteo 23,8].
La Chiesa primitiva, quindi, era semplicemente un raduno o una riunione in cui il primo e unico Capo era, agli occhi dei fedeli, Cristo stesso. I pastori5 e le persone hanno semplicemente formato una scuola, un corpo e un’anima. Questa era la parrocchia e, se sorgeva una disputa tra qualcuno dei membri, era “la Chiesa” che ristabiliva la pace: “Die Ecclesiae”.
A poco a poco si formarono legami di fraternità e di carità tra le varie chiese locali, e in questo modo nacquero sinodi, sinodi speciali e molto limitati, prima che si sentisse parlare dell’idea dei concili generali. Non è solo l’idea dei veri vescovi, quindi, che deve essere restaurata, ma anche quella del sinodo e del concilio.
Poiché si credeva che il cosiddetto Concilio Ecumenico fosse la rappresentanza di tutta la Chiesa, fu presto confuso dalla Chiesa e gli furono assegnati diritti, che la Chiesa stessa difficilmente possedeva. Con il pretesto che il Concilio era, per così dire, la giurisdizione suprema della Chiesa, questa giurisdizione fu resa una giurisdizione universale e assoluta alla quale si unì presto il privilegio dell’infallibilità. Sono ben note le conseguenze pratiche derivanti da questa confusione e dai numerosi abusi che ne derivano a danno della Chiesa.
I vecchi cattolici romani sono impegnati a ripristinare le vere concezioni di pastore, vescovo, sinodo, concilio, autorità ecclesiastica e persino infallibilità secondo antiche tradizioni. La costituzione della Chiesa è monarchica solo perché Cristo è il suo unico monarca. Ma, in quanto società composta da uomini, la Chiesa è stata chiamata fin dall’inizio una semplice “chiesa” ed è stata considerata nella sua universalità, fin dal momento in cui si è posta la questione dell’universalità, come una “repubblica” cristiana. Darebbe un’idea sbagliata dei primi vescovi rappresentare le loro azioni come un governo aristocratico; le parole di San Pietro stesso si oppongono a questo.
La sede episcopale di Roma non tardò a raggiungere una certa priorità. Roma è la capitale dell’impero; Ma era solo una priorità d’onore e non di giurisdizione. Cristo non nominò un maestro tra i Suoi discepoli. Quando disse a Pietro specialmente di pascere i Suoi agnelli e le Sue pecore, fu per restituirgli la funzione di cui si era dimostrato indegno, e di cui era stato privato rinnegando Cristo. Poiché Pietro si pentì, meritava di essere reintegrato, e lo fu, ma è un errore trasformare questa reintegrazione come semplice apostolo in esaltazione al di sopra di tutti gli altri apostoli. Roma ha compiuto l’alterazione della costituzione della Chiesa per mezzo di interpretazioni grossolanamente errate dei testi; la politica e l’ambizione dei vescovi di Roma hanno fatto il resto.
Tale è lo spirito con cui i vecchi cattolici romani hanno cercato di restaurare la vera concezione della Chiesa e di realizzare la riforma ecclesiastica rivendicata per così tanto tempo “in capite et in membris”.
3° Unione delle Chiese cristiane
Questa riforma della Chiesa sarebbe stata molto imperfetta se non avesse implicato fin dall’inizio il ristabilimento dell’unione tra le Chiese separate. È stato giustamente detto che “è difficile vedere Cristo dietro la Chiesa come vedere il sole dietro le tenebre della notte”. Fin dall’inizio del nostro lavoro abbiamo fatto uno dei nostri obiettivi quello di studiare i mezzi per rilanciare questa unione. I nostri sforzi durante i nostri congressi internazionali e i nostri scritti su questo tema nella Revue internationale de theologie [1893 – 1910], sono ben noti; grandi riconciliazioni sono state effettuate tra tutte le Chiese che vi hanno preso parte e, se l’unione non è stata ancora sanzionata, è perché ci sono ancora ostacoli amministrativi da superare, e soprattutto pregiudizi di tipo gerarchico da abbattere, una questione di tempo, che circostanze sociali più favorevoli contribuiranno senza dubbio a portare a una questione positiva.
È già evidente a tutti che l’ “unione” a cui si mira è sull’ “unità” che molti avevano inizialmente immaginato. Che quest’ultimo non è necessario; e che, inoltre, è impossibile, considerando i bisogni di vario genere che sono prevalenti tra le nazioni e che fanno parte della stessa natura umana. Tolta la chimera di una falsa unità, gli uomini di fatto ritorneranno alla vera natura dell’unione spirituale e al “vincolo della pace” [Ef 4, 3], che sarà sufficiente per formare una vera fraternità cristiana in tutto il mondo.
Una migliore comprensione è già stata raggiunta sugli aspetti in cui le Chiese cristiane dovrebbero essere una sola, e quelli in cui dovrebbero rimanere distinte e tutte. Quando tutti saranno uniti nell’amarsi l’un l’altro, nel lavorare insieme per il benessere sociale, nel bandire dalla loro teologia ogni traccia di antropomorfismo e politica, nel diventare più spirituali secondo il modello di Cristo, e nello stabilire il regno di Dio in ogni coscienza individuale, allora l’unione in questione sarà molto vicina ad essere dichiarata.
—- RISULTATI OTTENUTI
a) Dogmatico
Tra i risultati dogmatici già raggiunti possiamo menzionare i seguenti: il rifiuto e la confutazione dell’infallibilità papale e della giurisdizione assoluta e universale del papa su tutta la Chiesa. Il rifiuto e la confutazione degli altri falsi dogmi insegnati da Roma nel Sillabo e altrove. Il ristabilimento della vera idea di dogma, della sua distinzione dalla speculazione teologica. La restaurazione pratica del test cattolico: “Ciò che è stato creduto ovunque, sempre e da tutti è cattolico”; la sentenza che i concili puramente occidentali e papisti non sono concili ecumenici, essendo questi ultimi solo sette in numero [325 – 787]. La dichiarazione dell’ortodossia della Chiesa orientale, chiamata “Chiesa dei sette Concili ecumenici” perché non ha altra fede che quella che è stata insegnata da loro. La messa in evidenza dell’unione delle Chiese, che non deve essere né una sottomissione al papa né una negligenza del dogma, ma il mantenimento dell’autonomia di ogni singola Chiesa nell’universalità di tutta la Chiesa.
b) Costituzionale
Tra questi possiamo menzionare la riduzione del primato del papa al semplice grado di primus inter pares. Un titolo che non gli conferisce alcuna autorità, ma che gli impone il dovere di assistere più attentamente di ogni altro vescovo alle decisioni della Chiesa, alla quale è subordinato. L’obbligo del papa di rinunciare ad ogni vocazione politica, e di limitarsi alla sua vocazione essenzialmente religiosa. Il ritorno dei vescovi alla semplicità dei primi vescovi, che non erano affatto principi-vescovi. Ma che, semplicemente eletti dai membri e dal clero, rimanevano indipendenti dal papa, e dirigevano le loro diocesi in unione con i loro sinodi; come membri attivi della Chiesa. che si occupano anche della tutela degli interessi della Chiesa e del mantenimento della sua disciplina; e la rinascita della Chiesa nazionale e autonoma, cattolica mediante l’unità della loro fede: “Unus Dominus, una fides, unum baptisma, qui est super omnes et per omnia, et in omnibus nobis.”
c) Disciplinare
Tra i risultati disciplinari vi sono i seguenti: il diritto di ogni singola Chiesa di giudicare il modo più utile per se stessa di applicare i canoni di disciplina formulati nei sinodi provinciali e nei Concili ecumenici; e il diritto di ripristinare tra il clero la scelta del celibato o del matrimonio.
d)Liturgico
I risultati liturgici sono: il ritorno dell’idea propria dei sacramenti, che non sono né simboli vuoti né mezzi per produrre grazia ‘ex operatore’ ma semplicemente atti di culto in cui Gesù Cristo comunica la sua grazia alle anime colpite. La ripresa della penitenza pubblica e la soppressione delle indulgenze papali. Il ritorno della concezione spirituale dell’Eucaristia; la celebrazione del culto nella lingua nazionale di ogni paese, così come il dono gratuito di tutto il lavoro religioso.
e) Politico – Ecclesiastico
Infine, tra i risultati politico-ecclesiastici si può menzionare l’indipendenza delle singole Chiese nei confronti dei comandi politici di Roma e di qualsiasi interferenza politica, essendo la Chiesa una società spirituale e religiosa, e in nessun modo una società politica.
*Nel 1908, prima di abbandonare la posizione ultrajectine della Chiesa cattolica romana, il 28 aprile l’arcivescovo Gerard Gul, assistito dal vescovo van Thiel di Haarlem, il vescovo Apit di Deventer consacrò Arnold Haris Mathew, come inviato in Gran Bretagna. Il mandato del vescovo Matteo era quello di fornire una gerarchia cattolica romana in Inghilterra a cui gli anglo-cattolici potessero rivolgersi. [Cfr. appendice VI]
Il vescovo Mathew era un eccezionale studioso cattolico romano. Come sacerdote aveva ricevuto il grado di Dottore in Teologia dal papa. Ma nonostante le sue qualità personali [e i suoi fallimenti] la sua missione non ebbe successo. L’arcivescovo di Canterbury sosteneva la posizione che la Chiesa d’Inghilterra [non la Chiesa in Inghilterra] occupava esattamente la stessa posizione dei cattolici romani ultrajectine in Olanda, e che non c’era bisogno né di un “vecchio” cattolico romano né di un movimento “vetero-cattolico” in Inghilterra.
Di conseguenza, il vescovo Mathew si trovava nell’improbabile posizione di essere un vescovo senza seguito. Egli sostenne l’opinione dell’arcivescovo di Utrecht [pubblicata nel 1894] che gli ordini anglicani non erano validi, e così si oppose attivamente agli sforzi del vescovo anglicano di Gibilterra di negoziare l’inter-comunione con gli olandesi attraverso dialoghi con il vescovo di Deventer. L’impopolarità del vescovo Matteo aumentò questa azione.
Nel 1910, tuttavia, quando Utrecht fece il suo ultimo salto nel campo “vetero-cattolico”, cancellando la commemorazione del Romano Pontefice dal Messale, il vescovo Matteo, rimasto solo in Inghilterra, denunciò Utrecht. [Cfr. appendice VII]
Abbiamo quindi un prelato cattolico romano espatriato ecclesiasticamente che sta da solo in Inghilterra sostenendo la legittima posizione cattolica romana ultrajectine.
Nel 1914 il vescovo Mathew inviò il suo legato negli Stati Uniti nella persona del vescovo Rudolph de Landas Berhes, un principe austriaco che era [all’epoca] un nemico straniero. Mons. de Landas tentò di unire le parrocchie “vetero-cattoliche” sparse e disorganizzate che vi erano state stabilite in conseguenza della massiccia immigrazione dall’Europa nell’ultima parte del diciannovesimo secolo.
Mons. de Landes Berghes, nonostante le grandi difficoltà e l’isolamento dall’Inghilterra, fu in grado di piantare le radici di un’espressione indipendente del cattolicesimo in America. Ha elevato all’episcopato due sacerdoti, Carmel Henry Carfora e William Francis Brothers. Ognuno di questi vescovi, a suo modo, ha continuato la missione iniziata da Mons. de Landes Berghes.
I “vetero-cattolici” d’Europa alla fine aderirono alla Comunione episcopale [come estensione della Chiesa d’Inghilterra], ma un numero crescente di cattolici romani adottò la posizione ultrajectine.
Con la scomparsa di questi organizzatori originali [Carfora e Fratelli] dalla scena ecclesiastica, la Chiesa vetero-cattolica romana negli Stati Uniti si è evoluta da un’amministrazione abbastanza centralizzata con supervisione strutturata del ministero a un modello locale e regionale di amministrazione con diocesi e province autonome [giurisdizioni] che seguono più da vicino i concetti di Sant’Ignazio di Antiochia della Chiesa come comunione di comunità ciascuna delle quali lavora per proclamare il messaggio della Chiesa: il Vangelo !
Sotto l’amministrazione del vescovo Carfora, successore di de Landas, il numero degli ultrajectine, o vetero-cattolici romani, aumentò a oltre un milione di comunicanti. Tuttavia, dopo la morte di Carfora, disordini e rivalità danneggiarono la gerarchia americana e cinque diverse giurisdizioni si svilupparono.
[Il 12 marzo 1995, la giurisdizione di Wexford della Chiesa vetero-cattolica romana in Nord America, agendo sotto gli antichi canoni della Chiesa, ha canonizzato solennemente Arnold Haris Mathew come santo di Dio come vescovo e confessore]. [Cfr. appendice VIII]
*La posizione legittima dei cattolici romani ultrajectini è stata riaffermata con forza sotto il Formulario del 1823 e i decreti del Sinodo provinciale del 1763. È manifestamente evidente che la validità degli ordini dei vescovi e dei sacerdoti ultrajectine rimane.
Riferendosi alla successione da Dominic Marie Varlet, 1739 all’arcivescovo Gul, 1908, “A Catholic Dictionary” scritto da Donald Attwater, raccomandato al pubblico da un vescovo cattolico romano di Menevie, e recante l’imprimatur del cardinale arcivescovo di New York, afferma coraggiosamente della Chiesa d’Olanda: “I loro ordini e sacramenti sono validi”.
Per salvaguardare la validità dei suoi ministeri sacramentali, i vetero-cattolici si conformano rigorosamente alle prescrizioni del Pontificale, Missale e Rituale Romanum [edizioni pre Vaticano II]. [vedi Appendice IX] Ciascuno dei sette sacramenti è amministrato secondo i canoni e le prescrizioni della Chiesa cattolica romana [e come approvato dal defunto arcivescovo Gerard Gul di Utrecht e da sant’Arnold Haris Mathew d’Inghilterra nel 1909]. Si usano anche tutti i consueti sacramentali e si insegna la devozione alla Beata Vergine, la venerazione delle immagini e delle reliquie dei santi, evitando gli eccessi che spesso portano alla superstizione.
Fedele alla sua antica eredità, la Chiesa vetero-cattolica romana sostiene le dottrine cattoliche dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo; e altre unioni personali in Lui delle due nature, quella umana e quella divina. A differenza di alcuni dei settari “vetero-cattolici”, che negano le dottrine del peccato originale, la punizione eterna dell’inferno o la necessità della fede per la salvezza, noi riaffermiamo la posizione cattolica su queste dottrine. La Chiesa onora la Beata Vergine Maria come Madre di Dio e sostiene la vera dottrina cattolica sulla nascita verginale di Cristo. La Chiesa insegna la dottrina della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento e l’efficacia spirituale del sacrificio della Messa per i vivi e per i morti.
Il Santissimo Sacramento è conservato in un tabernacolo sull’altare maggiore e viene osservato il rito della benedizione. La lettura e lo studio della Scrittura da parte dei laici è incoraggiato come pratica molto salutare.
Il credo della Chiesa vetero-cattolica romana è quello contenuto nel Credo degli Apostoli e nel Credo di Nicea. In quest’ultimo, le controverse parole “e il figlio” [il filioque dei teologi] sono omesse poiché sono state aggiunte dalla Chiesa cattolica romana molto tempo dopo il Concilio di Nizza e contro la sua esplicita direttiva che nulla sia aggiunto o tolto al Credo. La dottrina dei primi Sette Concili fa parte del deposito della nostra fede.
*La Chiesa vetero-cattolica romana rappresenta un punto di vista cattolico che è più ragionevole se compreso. È questo: le varie divisioni nella Chiesa di Cristo non possono essere eliminate a meno che un corpo vivente di cattolici non esegua al mondo che c’è una via di mezzo dove tutti possono incontrarsi. Un corpo dotato di un’indubbia validità dell’ordine, di un’organizzazione democratica, di una flessibilità di adattamento, di una dottrina chiara, di una libertà come interpretata da San Paolo, di rispetto per il passato ma audace nel suo approccio moderno per il futuro. Tutti i cattolici devono poter ammettere che ciò che Dio ha benedetto per duemila anni, vale a dire la concezione cattolica della religione, con il suo credo, le liturgie, il sacerdozio e le usanze, deve avere un nucleo centrale di verità ineccepibili, che una volta spogliate degli accrescimenti umani di secoli, possono sperare di costituire la base dell’unità.
Si può dire che, nonostante gli sforzi compiuti dagli antico-cattolici, non abbiamo realizzato tutte le speranze nutrite nel nostro movimento all’inizio del nostro lavoro. Ma bisogna aggiungere che le circostanze politiche e sociali, e ancor più l’indifferenza religiosa quasi universale, sono state estremamente sfavorevoli a tutti i progressi. Le pietre, che possono essere lanciate contro di noi, colpiscono tutte le altre Chiese allo stesso tempo. Questa non è una giustificazione, ma è almeno una spiegazione che può forse suscitare speranze per il futuro.
Noi antico-cattolici romani siamo convinti della verità della nostra causa. Se durante gli anni della nostra esistenza non abbiamo lavorato con sufficiente abilità, abbiamo la speranza che a forza di lottare contro migliaia di ostacoli, abbiamo imparato meglio a lottare. Che i gravi eventi che stanno sconvolgendo il mondo in questo momento non passino senza creare nuove condizioni ecclesiastiche che, con la grazia di Dio e lo zelo dei cristiani seri possano diventare feconde.
Gli antico-cattolici romani accolgono in unione tutti quei sacerdoti e gruppi indipendenti devoti e di mentalità cattolica che detengono più o meno la cosiddetta posizione “vetero-cattolica romana”, ma la Chiesa non sacrificherà la sua ortodossia semplicemente per raggiungere tale unità.
Preghiamo perché “come tanti chicchi sono raccolti in un solo pane, così i tanti membri della Chiesa, avvicinandosi a Dio, diventino un solo pane, un solo Corpo”, sull’esempio del nostro Signore Benedetto. Perché la Chiesa e il suo clero si donino per la vita del mondo, perché gli uomini e le donne trovino l’abbondanza della vita in una Chiesa indivisa.
Il nostro appello è rivolto principalmente a quelle persone che, per un motivo o per l’altro, non frequentano la Chiesa del loro Battesimo. Il passo nella Chiesa vetero-cattolica romana è relativamente facile per loro. Non ci interessa fare proselitismo tra i membri regolari di altre Chiese perché, se sono sinceri e costanti nella loro fede particolare, è nostra ferma convinzione che raggiungeranno la salvezza. D’altra parte, scuotere le fondamenta di tale fede, per quanto erronea possa sembrarci, non solo creerebbe una crisi nell’anima individuale, ma sarebbe causa di dissensi con altre Chiese del tutto inutili. Il numero di persone senza chiesa è abbastanza grande da occupare tutto il nostro tempo e tutti i nostri sforzi.
Speriamo che tutti i cristiani diano alla Chiesa antico-cattolica romana il riconoscimento che giustamente merita.
La preghiera dell’arcivescovo Matteo per l’unità cattolica
Preghiamo:
Dio onnipotente ed eterno, il cui unigenito Figlio, Gesù Cristo il Buon Pastore, ha detto: “Ho altre pecore che non sono di questo ovile: anch’io devo condurle, ed esse udranno la mia voce, e ci sarà un solo ovile e un solo pastore”; fa’ che la Tua ricca e abbondante benedizione riposi sulla Chiesa Cattolica Romana, al fine che possa servire al Tuo scopo radunando le pecore stanche e smarrite. Illumina, santifica e vivifica mediante la presenza dello Spirito Santo, affinché i sospetti e i pregiudizi possano essere disarmati, e le altre pecore siano portate ad ascoltare e a conoscere la voce del loro vero Pastore, tutte possano essere portate in piena e perfetta unità nell’unico ovile della Tua Santa Chiesa Cattolica, sotto la saggia e amorevole custodia del Tuo Vicario, per mezzo dello stesso Gesù Cristo, tuo Figlio, che con Te e lo Spirito Santo, vive e regna Dio, senza fine. Amen.
Appendice I
Successione apostolica
I primi cristiani non avevano dubbi su come determinare quale pretendente, tra i tanti contendenti al titolo, fosse la vera Chiesa, e quali dottrine fossero i veri insegnamenti di Cristo. La prova era semplice: basta tracciare la successione apostolica dei pretendenti.
Nella sua forma concreta, la successione apostolica è la linea dei vescovi che risale agli apostoli. In tutto il mondo, tutti i vescovi cattolici possono avere il loro lignaggio di predecessori fatto risalire al tempo degli apostoli, cosa impossibile nelle denominazioni protestanti [la maggior parte delle quali non pretende nemmeno di avere vescovi].
Il ruolo della successione apostolica nel preservare la vera dottrina è illustrato nella Bibbia. Per assicurarsi che gli insegnamenti degli apostoli sarebbero stati tramandati dopo la morte degli apostoli, Paolo disse a Timoteo: “Quello che hai udito da me davanti a molti testimoni affidalo a uomini fedeli che saranno in grado di insegnare anche agli altri” [2 Tm 2: 2]. In questo passo si riferisce alle prime quattro generazioni della successione apostolica – la sua generazione, la generazione di Timoteo, la generazione che Timoteo insegnerà, e la generazione che a loro volta insegnerà.
I Padri della Chiesa, erano anelli di quella catena di successione, che si appellavano regolarmente alla successione apostolica come test per verificare se i cattolici o gli eretici avessero una dottrina corretta. Questo era necessario perché gli eretici semplicemente mettevano le loro interpretazioni, anche bizzarre, sulle Scritture. Chiaramente, qualcosa di diverso dalla Scrittura doveva essere usato come prova ultima della dottrina in questi casi.
Così lo storico della Chiesa primitiva, J.N.D. Kelly, un protestante, scrive: “Dove in pratica si trovava la testimonianza o la tradizione apostolica? .. La risposta più ovvia fu che gli apostoli l’avevano affidata oralmente alla Chiesa, dove era stata tramandata di generazione in generazione… A differenza della presunta tradizione segreta degli gnostici, essa era del tutto pubblica e aperta, essendo stata affidata dagli apostoli ai loro successori, e da questi a loro volta a coloro che li seguivano, ed era visibile nella Chiesa per tutti coloro che si preoccupavano di cercarla” [Early Christian Doctrines, 37].
Per il Padre primitivo, “l’identità della tradizione orale con la rivelazione originaria è garantita dalla successione ininterrotta di vescovi nelle grandi sedi che risalgono linealmente agli apostoli … Un’ulteriore salvaguardia è fornita dallo Spirito Santo, perché il messaggio affidato era alla Chiesa, giacchè la Chiesa è la casa dello Spirito. Infatti, i vescovi della Chiesa sono … Uomini dotati di Spirito che hanno ricevuto ‘un carisma infallibile di verità'” [ibid.].
Così, sulla base dell’esperienza, i Padri potevano essere “profondamente convinti dell’inutilità di discutere con gli eretici semplicemente sulla base della Scrittura. L’abilità e il successo con cui ne stravolsero il semplice significato rendevano impossibile giungere a qualsiasi conclusione decisiva in quel campo» [ibid., 41].
La Chiesa non è creata da alcun messaggero del Vangelo, né ci si può creare per essere vescovo. I vescovi sono fatti da altri vescovi, per il servizio del popolo di Dio già esistente in una linea ininterrotta che ritorna agli apostoli di Gesù Cristo. Con il consenso del corpo dei battezzati, i vescovi sono fatti attraverso l’imposizione sacramentale delle mani e la solenne invocazione dello Spirito Santo da parte dei vescovi riuniti, che lo accolgono nella comunità degli uguali chiamati a sorvegliare e servire il popolo santo sotto la loro cura. I vescovi sono legati dalla loro eredità comune, dalla purezza del loro messaggio e dall’unità del loro culto. Tutto ciò che è chiamato “apostolico” deve essere posto sotto il canone o misura di universalità, antichità e consenso descritto da Vincenzo di Lerins nel 440 d.C.: “Attenetevi saldamente a ciò che è stato creduto [nelle Chiese] ovunque, sempre e da tutti [i cristiani cattolici ortodossi]”. [Commonitori 5:2]
Papa Clemente I
“Attraverso Paesi e Città [gli apostoli] predicarono, e nominarono i loro primi convertiti, mettendoli alla prova con lo spirito, per essere Vescovi e i Diaconi delle future credenze. Né si trattava di una novità, perché Vescovi e Diaconi erano stati scritti molto tempo prima… I nostri apostoli sapevano tramite nostro Signore Gesù Cristo che ci sarebbero stati conflitti per l’ufficio di vescovo. Per questo motivo, quindi, avendo ricevuto la perfetta prescienza, nominarono coloro che erano già stati menzionati e in seguito aggiunsero l’ulteriore disposizione che, se fossero morti, altri uomini approvati avrebbero dovuto succedere al loro ministero. [Lettera ai Corinzi 42:4-5, 44:1-3 (80 d.C.)].
Egesippo
“Quando fui venuto a Roma, visitai Aniceto, il cui diacono era Eleuterio. E dopo la morte di Aniceto, Sotere ci riuscì, e dopo di lui Eleuterio. In ogni successione e in ogni città c’è una continuazione di ciò che è proclamato dalla Legge, dai Profeti e dal Signore” [Memorie 4:22:1 9A.D. 180)].
Ireneo di Lione
“È possibile, per tutti, in ogni chiesa, che desiderano conoscere la verità, contemplare la Tradizione degli Apostoli che ci è stata fatta conoscere in tutto il mondo. E siamo in grado di enumerare coloro che sono stati istituiti vescovi dagli apostoli e dai loro successori fino ai nostri tempi, uomini che non sapevano né insegnavano nulla di simile a ciò di cui questi eretici deliravano” [Contro le eresie 3:3:1 9A.D. 189)].
Ireneo di Lione
“Ma poiché sarebbe troppo lungo enumerare in un volume come questo le successioni di tutte le chiese, confonderemo tutti coloro che, in qualsiasi modo, sia per autocompiacimento o vanagloria, sia per cecità e opinione malvagia, si riuniscono se non dove è opportuno, indicando qui le successioni dei vescovi della più grande e più antica chiesa conosciuta da tutti, fondata e organizzata a Roma dai due gloriosissimi Apostoli, Pietro e Paolo – quella chiesa che ha la Tradizione e con la quale giunge fino a noi dopo essere stata annunciata agli uomini dagli apostoli. Perché con questa Chiesa, perché se la sua origine superiore, tutte le chiese devono essere d’accordo, cioè tutti i fedeli del mondo intero. Ed è in Lei che ovunque i fedeli hanno conservato la Tradizione apostolica» [ibid., 3,3-2].
Ireneo di Lione
“Anche Policarpo non fu istruito solo dagli apostoli e conversò con molti che avevano visto Cristo, ma fu anche, dagli apostoli in Asia, nominato vescovo della Chiesa di Smirne, che vidi anche nella mia prima giovinezza, perché rimase sulla terra molto a lungo, e, quando era un uomo molto vecchio, gloriosamente e nobilmente soffrendo il martirio, lasciò questa vita, avendo sempre insegnato le cose che aveva imparato dagli apostoli, e che la Chiesa ha tramandato, e che sole sono vere. Di queste cose testimoniano tutte le Chiese asiatiche, come pure gli uomini che sono succeduti a Policarpo fino ad oggi» [ibid., 3,3.4].
Ireneo di Lione
“Poiché quindi abbiamo tali prove, non è necessario cercare la verità tra le altre che è facile ottenere dalla Chiesa; poiché gli apostoli, come un uomo ricco [depositando il suo denaro] in una banca, hanno depositato nelle sue mani più copiosamente tutte le cose che riguardano la verità, in modo che ogni uomo, chiunque voglia, possa attingere da lei l’acqua della vita … Come stanno le cose? Supponiamo che sorga una disputa relativa a qualche importante questione tra noi, non dovremmo ricorrere alle chiese più antiche con le quali gli apostoli hanno avuto una conversazione costante, e imparare da esse ciò che è certo e chiaro riguardo alla presente questione?” [ibid., 3:4:1].
Ireneo di Lione
«La vera conoscenza è la dottrina degli apostoli, l’antica organizzazione della Chiesa in tutto il mondo, e la manifestazione del corpo di Cristo secondo la successione dei vescovi, con la quale i vescovi hanno trasmesso la Chiesa che si trova dappertutto» [ibid., 4,33,8].
Tertulliano
“L’Apostolo fondò chiese in ogni città, dalle quali tutte le altre chiese, una dopo l’altra, derivavano la tradizione della fede e i semi della dottrina, e li derivano ogni giorno, perché diventino chiese. Infatti, è solo per questo motivo che potranno considerarsi apostolici, come figli di chiese apostoliche. Ogni sorta di cosa deve necessariamente tornare al suo originale per la sua classificazione. Perciò le chiese, sebbene siano così tante e così grandi, non comprendono che l’unica chiesa primitiva, [fondata] dagli apostoli, da cui tutte scaturiscono. In questo modo tutti sono primitivi e tutti sono apostolici, mentre tutti sono dimostrati uniti dalla loro” [Demurrer Against the Heretics 20 (A.D.200)].
Tertulliano
Ciò che Cristo rivelò loro [gli apostoli] può, come devo anche prescrivere qui, essere adeguatamente provato in nessun altro modo che da quelle stesse chiese che gli apostoli fondarono di persona, dichiarando loro direttamente il vangelo… Se dunque queste cose sono così, è nello stesso grado manifesto che tutta la dottrina che concorda con le chiese apostoliche – quegli stampi e fonti originali della fede – deve essere considerata per verità, come indubbiamente contenente ciò che le chiese hanno ricevuto dagli apostoli, gli apostoli dalla Chiesa e Cristo da Dio. Mentre ogni dottrina deve essere giudicata come falsa che sa di contrarietà alla verità delle chiese e degli apostoli di Cristo e di Dio. Resta dunque da dimostrare se questa nostra dottrina, di cui abbiamo ora dato la regola, ha la sua origine nella Tradizione degli Apostoli, e se tutte le altre dottrine non procedono ipso facto dalla menzogna» [ibid., 21].
Tertulliano
“Ma se ci sono eresie che sono abbastanza audaci da piantare la loro origine nel mezzo dell’età apostolica, che possono sembrare così tramandate dagli apostoli, perché esistevano al tempo degli apostoli, possiamo dire: Producano i documenti originali delle loro chiese; Che dispiegano il rotolo dei loro vescovi, scendendo a tempo debito fin dall’inizio in modo tale che i loro primi vescovi possano mostrare al suo ordinatore e predecessore qualcuno degli apostoli o degli uomini apostolici – un uomo, inoltre, che ha continuato saldamente con gli apostoli. Perché questo è il modo in cui le chiese apostoliche trasmettono i loro registri: come la chiesa di Smyma, che registra che Policarpo vi fu posto da Giovanni; come anche la chiesa di Roma, che fa sì che Clemente sia stato ordinato in modo simile da Pietro» (ibid., 32).
Tertulliano
“Ma se dovessero anche solo fare l’espediente di comporre una lista di successione per se stessi, non avanzerebbero di un passo. Poiché la loro stessa dottrina, dopo il confronto con quella degli apostoli contenuta in altre chiese, dichiarerà, per la propria diversità e contrarietà, che non aveva per suo autore né un apostolo né un uomo apostolico; perché, come gli apostoli non avrebbero mai insegnato cose contraddittorie” [ibid.].
Tertulliano
“Allora che tutte le eresie, quando vengono sfidate a queste due prove dalla nostra chiesa apostolica, offrano la loro prova di come si ritengono apostoliche. Ma in verità non lo sono, né sono in grado di dimostrare di essere ciò che non sono. Né sono ammessi a relazioni pacifiche e di comunione da quelle chiese che sono in qualche modo legate agli apostoli, in quanto non sono in alcun modo apostoliche a causa della loro diversità circa i misteri della fede” [ibid.].
Cipriano di Cartagine
“La Chiesa è una, e come è una, può essere sia dentro che fuori. Perché è con l’eretico Novaziano, non era con Papa Cornelio. Ma se era con Cornelio, che succedette al vescovo di Roma, Fabiano, ma legittima ordinazione, e che, accanto all’onore del sacerdozio, il Signore glorificò anche con il martirio, Novaziano non è nella Chiesa; né può essere considerato un vescovo, che, non succedendo a nessuno e disprezzando la tradizione evangelica e apostolica, è scaturito da se stesso. Perché colui che non è stato ordinato nella Chiesa non può né avere né tenere la Chiesa in alcun modo” [Lettere 69[75]:3 (253 d.C.).
Firmiliano
“Papa Stefano… si vanta del posto del suo episcopato, e sostiene di detenere la successione da Pietro, sul quale sono state poste le fondamenta della Chiesa [Matteo 16: 18] … Stephen… annuncia che detiene per successione il trono di Pietro” [raccolto nelle Lettere di Cipriano 74[75]:17 (253 d.C.)].
Jerome (Girolamo)
“Lungi da me parlare negativamente di uno qualsiasi di questi chierici che, in successione dagli apostoli, confezionano con la loro sacra parola il Corpo di Cristo e attraverso i cui sforzi è anche che siamo cristiani” [Lettere 14:8 (A.D. 396)].
Augustine
“Ci sono molte altre cose che più propriamente possono tenermi nel seno della Chiesa cattolica. L’unanimità dei popoli e delle nazioni mi tiene qui. La sua autorità, inaugurata nei miracoli, nutrita dalla speranza, accresciuta dall’amore e confermata dalla sua età, mi tiene qui. La successione dei sacerdoti, dalla stessa sede dell’apostolo Pietro, al quale il Signore, dopo la sua risurrezione, ha dato l’incarico di pascere le sue pecore [Gv 21,15-17], fino all’attuale episcopato, mi tiene qui. E infine, il nome stesso di cattolico, che, non senza ragione, appartiene solo a questa Chiesa, di fronte a tanti eretici, tanto che, sebbene tutti gli eretici vogliano essere chiamati ‘cattolici’, quando uno straniero chiede dove si riunisce la Chiesa cattolica, nessuno degli eretici oserebbe indicare la propria basilica o casa” [Contro la lettera di Mani chiamata ‘La fondazione’ 4:5 (397 d.C.).